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Van Hanegem-Germania Ovest: la guerra infinita
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di Marco Imarisio
Spesso una partita di calcio non è mai solo una partita di calcio, perché in quei 90 minuti entrano tante cose, compresa la Storia con la S maiuscola.
È stato di certo così per l’Olanda: che buttò via una vittoria contro la Germania Ovest nella finale del Mondiale del 1974 perché alcuni suoi giocatori, invece di vincere, vollero provare a umiliare i loro avversari. E quello che più di tutti non si sarebbe accontentato solo di una vittoria era il centrocampista Wim Van Hanegem. Per colpa di un passato troppo orribile per essere dimenticato.
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Spesso una partita di calcio non è mai solo una partita di calcio, perché in quei 90 minuti entrano tante cose, compresa la Storia con la S maiuscola.
È stato di certo così per l’Olanda: che buttò via una vittoria contro la Germania Ovest nella finale del Mondiale del 1974 perché alcuni suoi giocatori, invece di vincere, vollero provare a umiliare i loro avversari. E quello che più di tutti non si sarebbe accontentato solo di una vittoria era il centrocampista Wim Van Hanegem. Per colpa di un passato troppo orribile per essere dimenticato.
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di Marco Imarisio
Spesso una partita di calcio non è mai solo una partita di calcio, perché in quei 90 minuti entrano tante cose, compresa la Storia con la S maiuscola.
È stato di certo così per l’Olanda: che buttò via una vittoria contro la Germania Ovest nella finale del Mondiale del 1974 perché alcuni suoi giocatori, invece di vincere, vollero provare a umiliare i loro avversari. E quello che più di tutti non si sarebbe accontentato solo di una vittoria era il centrocampista Wim Van Hanegem. Per colpa di un passato troppo orribile per essere dimenticato.
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È stato di certo così per l’Olanda: che buttò via una vittoria contro la Germania Ovest nella finale del Mondiale del 1974 perché alcuni suoi giocatori, invece di vincere, vollero provare a umiliare i loro avversari. E quello che più di tutti non si sarebbe accontentato solo di una vittoria era il centrocampista Wim Van Hanegem. Per colpa di un passato troppo orribile per essere dimenticato.
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Racconti Mondiali - Corriere della Sera
1 Alla ricerca del Garrincha perduto 16:39
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16:39di Tommaso Pellizzari È passato alla storia come il numero 7 per eccellenza. Eppure, il suo folgorante debutto ai Mondiali avvenne con una maglia diversa. E già ce ne sarebbe abbastanza per rileggere Marcel Proust e Konrad Lorenz. Ma alla leggendaria ala brasiliana il destino avrebbe riservato uno scherzo della memoria molto più crudele: essere ricordato molto meno di Pelé. Mentre il vero protagonista del Mondiale cileno del 1962, quello della doppietta della Seleção, era stato lui, Mané.…
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Racconti Mondiali - Corriere della Sera
1 Van Hanegem-Germania Ovest: la guerra infinita 21:37
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21:37di Marco Imarisio Spesso una partita di calcio non è mai solo una partita di calcio, perché in quei 90 minuti entrano tante cose, compresa la Storia con la S maiuscola. È stato di certo così per l’Olanda: che buttò via una vittoria contro la Germania Ovest nella finale del Mondiale del 1974 perché alcuni suoi giocatori, invece di vincere, vollero provare a umiliare i loro avversari. E quello che più di tutti non si sarebbe accontentato solo di una vittoria era il centrocampista Wim Van Hanegem. Per colpa di un passato troppo orribile per essere dimenticato.…
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Racconti Mondiali - Corriere della Sera
1 El Loco e il Bocha (che non vollero essere Maradona) 17:23
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17:23di Tommaso Pellizzari Quando ha distribuito il genio calcistico, il Dio del pallone è stato generoso con gli argentini. Ma forse troppo. Perché alcuni di loro hanno avuto parecchie difficoltà a gestirlo. Come René Houseman e Ricardo Bochini. Che (proprio come Re Diego) un Mondiale l’hanno vinto, ma sono in pochissimi a ricordarlo. Vite (abbastanza) parallele di due leggende del Cono Sur, che alzarono la Coppa più prestigiosa nel 1978 e nel 1986. Anche se di quelle vittorie furono molto meno protagonisti di quanto il loro smisurato talento avrebbe lasciato immaginare.…
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Racconti Mondiali - Corriere della Sera
1 Iniesta, il silenzio e la maglietta del saluto 11:12
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11:12di Paolo Tomaselli 11 luglio 2010, Johannesburg: la notte in cui "Andrecito" Iniesta diventò definitivamente Don Andrés. Segnando il gol che porta per la prima volta la Spagna sul tetto del mondo. E ricordando, nella sua esultanza, non la moglie, i figli o Emili e Raul (il motivatore e il fisioterapista, per lui insostituibili), ma qualcuno che non c’è più: il suo vecchio amico (e compagno delle nazionali giovanili) Dani Jarque, che se n’era andato un anno prima. Destino? Parola troppo complessa per lui: «Dovevo essere lì in quel momento per buttare dentro quel pallone. Ed ero lì».…
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Racconti Mondiali - Corriere della Sera
1 Cile-Urss, la non partita (col non gol al non avversario) 17:57
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17:57di Francesco Battistini La partita suicida. La partita della vergogna. Non c’è frase fatta che racconti la guerra fredda del pallone che si combatté attorno allo spareggio che il 21 novembre 1973 assegnava un posto al Mondiale tedesco dell’anno successivo. Dopo l’andata a Mosca (finita 0-0), il generale Pinochet decise che il ritorno si sarebbe giocato all’Estadio Nacional di Santiago, dove da due mesi il regime che aveva rovesciato Salvador Allende torturava e imprigionava gli avversari politici. Breznev, allora a capo dell’Urss comunista, disse di no. La nazionale sovietica restò a casa. Ma il Cile scese in campo lo stesso.…
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Racconti Mondiali - Corriere della Sera
1 Se 1.239 gol non bastano (per giocare nella Seleção) 13:08
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13:08di Mario Sconcerti Storia di Arthur Friedenreich, mulatto atipico e dagli occhi chiari che non riuscì mai a partecipare a un Mondiale. Ma inventò da solo la differenza del calcio brasiliano. Nel 1910, quando aveva 18 anni, il suo debutto fu come un’apparizione pagana: giocava un calcio che nessuno aveva mai visto, niente a che fare con quello dei marinai inglesi o con le mosse fisiche dei bianchi. Come scrisse Eduardo Galeano, «da Friedenreich in avanti, il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti». Eppure, la sua convocazione al Mondiale uruguaiano del 1930 sfumò per motivi banali, ma più importanti del numero smisurato dei suoi gol.…
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Racconti Mondiali - Corriere della Sera
1 Il vecchio Liedholm e il bambino Pelé 15:46
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15:46di Aldo Cazzullo Uno veniva dal luogo più freddo e asciutto del pianeta. L’altro da quello più caldo e umido. Il bianco, come calciatore, era un campione a fine carriera. Il nero non aveva ancora 18 anni. Uno non dribblava mai. Solo i suoi cani, per allenarsi. Il diciassettenne è stato il più formidabile dribblatore di tutti i tempi. Lo svedese non era un grande amatore. Il brasiliano era invece inseguito dalle donne. Prima di incontrarsi nella finale del Mondiale 1958, una cosa avevano in comune Nils Liedholm e Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé: un incavo in una gamba, fratturata e mai ingessata.…
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