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Una puntata giocherellona, tutto sommato. Perché di cose da dire come al solito ce ne sono tante (e questa volta abbiamo cancellato pochissimo). Cominciamo con un’idea: se vi sentite circondati da persone che vi fanno pensare di essere matti, significa che state seguendo gli account Twitter sbagliati. Invece, ripulire Twitter si può (e si deve). Dopo diventa una goduria guardare quella timeline. Allora, Antonio e Riccardo come Marie Kondo, vi dicono: smettete di seguire gli account che non vi danno felicità. E ripulite quella timeline, un po' alla volta ma fatelo. Ecologia della mente ed ecologia del processore (tutta quella ram sprecata!).
Leggi tutto: https://tilde.show/podcast-14/
Invece, un giornalista americano che piace molto ad Antonio, Craig Mod, ha scritto un articolo per Wired USA in cui parla del potere curativo della programmazione per chi si sente depresso e Riccardo concorda: creare un piccolo mondo dove torna tutto è una cosa che fa benissimo.
L’amore per il computer è tanto perché i computer ci hanno dato tanto, hanno cambiato il mondo. E, ricorda Antonio, servono per rendere la nostra mente più capace e potente: lo aveva iniziato a dire Vannevar Bush da giovane in un articolo pubblicato nel 1945 su The Atlantic intitolato As We May Think che descriveva il cervello esterno al nostro cervello sessant’anni prima che ci fosse Internet.
“Consider a future device (…) in which an individual stores all his books, records, and communications, and which is mechanized so that it may be consulted with exceeding speed and flexibility. It is an enlarged intimate supplement to his memory.”
Invece, notiziona della settimana, Riccardo si è comprato il Mac. Ma non uno di quegli sfiziosi iMac colorati (che con Antonio avevano praticamente previsto, dato che il podcast l’abbiamo registrato prima dell’evento “Spring Loaded” di Apple) con processore M1. No, Riccardo si è preso il più bel Mac del decennio (passato), cioè il MacBook con schermo Retina da 12 pollici. Ultraleggero, massimo della configurazione, l’ha riparato e adesso qusi non si sente degno di avere un Mac. Che si fa, lo vende o lo tiene? Antonio il suo Godzilla da 16 pollici con i9 se lo tiene stretto, ma quando passa da casa Palombo a Roma ha già detto che ha un paio di vecchi Mac da portare per farsi rimettere la pasta termica.
Sapete che poi abbiamo fatto uno di quei tour de force che solo su Tilde li potete sentire e siamo passati dalla scarsità di schede video (è colpa dei minatori di Bitcoin! No, è il buco nell’ozono!) alle maratone di Riccardo mentre Antonio procrastina e i 93 studenti del suo corso a distanza stanno tutti seduti (tranne uno e un altro sdraiato in un prato in montagna), dai “diari” di Virginia Woolf ai “Cavoli a merenda” di Sergio Tofano in arte Sto, dal “Profumo” di Patrick Süskind alla “Trilogia del ritorno” (il cui primo capitoletto si intitola “L’amico ritrovato”) di Fred Uhlman sino a considerazioni non banali sull’industria culturale, i libri che si intrecciano tra di loro, il vivere nei libri rispetto al vivere nel mondo. E poi alla fatica che ci vuole per leggere così come per fare tante altre cose: come dice Antonio “il talento non basta” e come aggiunge Riccardo “No pain, no gain”.
Insomma, è stata una puntata piuttosto densa, ma tanto ci siete abituati no? Sono un po' tutte così. Buon ascolto, se non avete ancora ascoltato.
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Invece, un giornalista americano che piace molto ad Antonio, Craig Mod, ha scritto un articolo per Wired USA in cui parla del potere curativo della programmazione per chi si sente depresso e Riccardo concorda: creare un piccolo mondo dove torna tutto è una cosa che fa benissimo.
L’amore per il computer è tanto perché i computer ci hanno dato tanto, hanno cambiato il mondo. E, ricorda Antonio, servono per rendere la nostra mente più capace e potente: lo aveva iniziato a dire Vannevar Bush da giovane in un articolo pubblicato nel 1945 su The Atlantic intitolato As We May Think che descriveva il cervello esterno al nostro cervello sessant’anni prima che ci fosse Internet.
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Invece, notiziona della settimana, Riccardo si è comprato il Mac. Ma non uno di quegli sfiziosi iMac colorati (che con Antonio avevano praticamente previsto, dato che il podcast l’abbiamo registrato prima dell’evento “Spring Loaded” di Apple) con processore M1. No, Riccardo si è preso il più bel Mac del decennio (passato), cioè il MacBook con schermo Retina da 12 pollici. Ultraleggero, massimo della configurazione, l’ha riparato e adesso qusi non si sente degno di avere un Mac. Che si fa, lo vende o lo tiene? Antonio il suo Godzilla da 16 pollici con i9 se lo tiene stretto, ma quando passa da casa Palombo a Roma ha già detto che ha un paio di vecchi Mac da portare per farsi rimettere la pasta termica.
Sapete che poi abbiamo fatto uno di quei tour de force che solo su Tilde li potete sentire e siamo passati dalla scarsità di schede video (è colpa dei minatori di Bitcoin! No, è il buco nell’ozono!) alle maratone di Riccardo mentre Antonio procrastina e i 93 studenti del suo corso a distanza stanno tutti seduti (tranne uno e un altro sdraiato in un prato in montagna), dai “diari” di Virginia Woolf ai “Cavoli a merenda” di Sergio Tofano in arte Sto, dal “Profumo” di Patrick Süskind alla “Trilogia del ritorno” (il cui primo capitoletto si intitola “L’amico ritrovato”) di Fred Uhlman sino a considerazioni non banali sull’industria culturale, i libri che si intrecciano tra di loro, il vivere nei libri rispetto al vivere nel mondo. E poi alla fatica che ci vuole per leggere così come per fare tante altre cose: come dice Antonio “il talento non basta” e come aggiunge Riccardo “No pain, no gain”.
Insomma, è stata una puntata piuttosto densa, ma tanto ci siete abituati no? Sono un po' tutte così. Buon ascolto, se non avete ancora ascoltato.
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